Le Corbusier: le sue opere patrimonio dell’Unesco
Dalla Villa Le Lac costruita per i genitori alla Villa Savoye divenuta manifesto cubista, passando per l’utopica cittadina indiana di Chandigarh, 17 opere di Le Corbusier diventano patrimonio dell’Unesco.
“Spazio, luce, ordine. Sono cose di cui gli uomini hanno bisogno, come hanno bisogno di pane o di un posto per dormire” diceva Charles-Edouard Jeanneret-Gris, meglio noto come Le Corbusier, l’architetto padre dell’urbanistica moderna che ha disseminato nel mondo costruzioni simbolo che ora sono diventate patrimonio mondiale dell’Unesco. Ad annunciare la consacrazione di 17 opere è stato un tweet dell’organismo Onu per la Scienza, l’educazione e la cultura. Cinquant’anni di lavoro spesi a “creare un nuovo linguaggio architettonico, capace di rompere con il passato – come precisano i rappresentanti dell’Unesco nella motivazione –. Un approccio innovativo che ha influenzato profondamente il XX secolo, cercando di rispondere alle esigenze della società moderna”.
Opere di Le Corbusier: un Patrimonio nel mondo
Dalla Svizzera in cui nacque (per la precisione a La Chaux-de-Fonds, il 6 ottobre 1887) alla Francia in cui morì, il 27 agosto 1965 a Roccabruna, passando per laGermania e il Belgio, l’India, il Giappone e Argentina la sua architettura a “misura d’uomo” entra negli annali delle meraviglie non solo da ammirare ma anche da proteggere, a eterna memoria. Diversi ma simili, i suoi edifici immersi o circondati dal verde (pure sui tetti che si fanno giardini), dall’anima in calcestruzzo, si riconoscono per quella façade libre, facciata libera che fonde lo spazio, il dentro con il fuori e viceversa.
Nello specifico: in Svizzera ci sono la prima delle sue creazioni, quella Villa Le Lacaffacciata sul lago svizzero di Lemano a Corseaux, vicino Vevey, progettata nel 1924 per i suoi genitori e c’è l’Immeuble Clarté di Ginevra, datato 1932 che con la struttura in vetro e acciaio inonda gl’interni di luce.
In Francia c’è la marsigliese Cité radieuse e Firminy Vert, il quartiere della cittadina della Loira che l’architetto ideò nel 1954 progettando non solo Unité d’habitation, ma anche un centro civico che diventerà la Maison de la Culture, uno stadio e la chiesa di Saint-Pierre di cui però non vedrà mail la fine (i lavori iniziarono nel 1960 ma furono completati solo nel 2005). Francesi anche la Villa Savoye, la residenza privata costruita nel 1928 a Poissy, nella regione parigina, destinata a diventare il manifesto del cubismo architettonico e, a Ronchamp, nell’est del Paese, la cappella di Notre-Dame du Haut (1950) edificio simbolo dell’architettura brutalista.
E ancora: a Tokyo si ammira il National Museum of Western Art e a La Plata, in Argentina, la Casa Curuchet. Si trova invece in India, nella Chandigarh capitale del Punjab, l’apice del suo lavoro, quella città ideale costruita quasi da zero, su commissione del primo ministro indiano, Nehru, a immagine e somiglianza umana: nella testa gli edifici governativi e amministrativi, nelle viscere quelli industriali e produttivi, tutt’intorno le abitazioni – edifici molto bassi, autonomi e immersi nel verde. Ci sono le strade pedonali e quelle per il traffico automobilistico, ciascun isolato è circondato da una strada a scorrimento veloce che va a finire nei grandi parcheggi, una lunga arteria collega tutto l’organismo ospitando ai lati gli edifici degli affari mentre un’altra, pedonale, è disseminata di negozi. Un sogno rinascimentale realizzato a metà del secolo scorso e altre 16 meraviglie firmate Le Corbusier, ora sono ufficialmente un patrimonio mondiale dell’Unesco. Era ora.